Una pallida nuvoletta sfilacciata. All’osservatore che si trovi nell’emisfero australe tale è la parvenza con cui si mostra a occhio nudo la Grande Nube di Magellano, galassia satellite della Via Lattea, probabilmente ignota agli europei prima delle grandi esplorazioni geografiche iniziate nel XV secolo. Denominata “grande” per distinguerla dalla sua omonima più piccola, in realtà viene spesso indicata come una galassia nana, situata a circa centosessantamila anni luce dalla Via Lattea, presenza pacifica delle notti del sud.
Eppure, se andiamo ad esaminarla con un telescopio, questa nuvoletta appare tutt’altro che placida. Una tumultuosa attività di formazione stellare agita infatti diverse aree di questa galassia, molto più piccola della Via Lattea, e che eppure detiene il record di ospitare la più vasta e brillante regione di formazione stellare di tutto il Gruppo Locale (30 Dorado, anche nota come Nebulosa Tarantola). Di recente, il telescopio spaziale James Webb ha osservato un’altra regione di formazione stellare all’interno di questa galassia. Situata in una zona a sud-ovest della Grande Nube di Magellano, località pressoché inesplorata della nostra vicina di casa, la nebulosa N79 è una regione ricchissima di idrogeno ionizzato che si estende per oltre mille e seicento anni luce. Pare che questo oggetto sia stato addirittura due volte più efficiente rispetto alla più nota 30 Dorado, pure osservata di recente con Webb, nel convertire il gas in stelle nell’ultimo mezzo milione di anni.
Anche all’occhio più distratto non saranno sfuggiti i raggi che si diramano dalla stella che domina la parte alta dell’immagine. Sono la “firma” di Webb, dovuta alla geometria esagonale dello specchio del telescopio spaziale, e visibile attorno a tutti gli oggetti compatti, che siano stelle oppure quasar remoti, che vengano intercettati dallo sguardo acutissimo di questo strumento. L’immagine è stata realizzata da Miri, uno strumento di Webb che scruta l’universo nel medio infrarosso. A queste lunghezze d’onda l’emissione di molecole di carbonio e idrogeno e quella della polvere scaldata dalle stelle appena nate dominano la scena. Astri in formazione avviluppati dalla polvere sono infatti alcune dei “pallini” luminosi che si scorgono in questa immagine.
Le regioni di formazione stellare della Via Lattea e delle galassie limitrofe sono luoghi di particolare interesse poiché, in virtù della loro vicinanza, consentono agli astronomi di studiare nel dettaglio i processi fisici e chimici che si verificano nelle prime, nebulose fasi della vita delle stelle. In particolare, la Grande Nube di Magellano offre un ambiente unico per studiare i meccanismi di formazione stellare che agitavano l’universo nella sua gioventù. La composizione chimica che si misura nella nostra vicina è infatti non dissimile da quella che caratterizzava le galassie in quello che è probabilmente stato il momento di formazione stellare più rocambolesco nella storia del cosmo. L’universo ha infatti sperimentato fasi variabili nella generazione di nuovi astri. Gli astronomi pensano che il culmine di questo processo si sia verificato poco più di dieci miliardi di anni fa.
A N79 l’Agenzia spaziale europea ha dedicato l’immagine del mese di gennaio sulla pagina del telescopio Webb.
Fonte: Media INAF