Nell’immagine vedete la soluzione. E soprattutto, nell’immagine vedete quel che in realtà non si può vedere, e che gli astronomi hanno potuto solo immaginare, dedurre. Parliamo del buco nero al centro, quell’oggetto piccolo e compatto, la cui rappresentazione è diventata famosa e inconfondibile, dopo quella ideata per il film Interstellar. Ma non è il buco nero il protagonista dell’immagine, non questa volta. Bensì quello che, grazie al buco nero, un gruppo di astronomi giapponesi è riuscito a notare: una nube molecolare di gas dalla forma e dal moto peculiari. La cosiddetta nube “Girino” (traduzione letterale del nome inglese, Tadpole): isolata, compatta e con una grande differenza di velocità fra capo e coda. Cosa la trascina? La soluzione a cui sono giunti gli scienziati è, appunto, che si tratti di un buco nero di massa intermedia. L’articolo è stato pubblicato il mese scorso su The Astrophysical Journal. Vediamo come ci sono arrivati.
La prima cosa da sapere, è che la nube di gas Tadpole si trova vicino al centro della Via Lattea, a circa 27mila anni luce di distanza, dove a dettare le regole della gravità è più che altro il buco nero supermassiccio Sgr A*, e dove infatti i moti delle stelle e del gas tendono a diventare, man mano che ci si avvicina, sempre più caotici. Qui, in quella che si chiama zona molecolare centrale o Cmz, sono state individuate numerose nubi compatte e con una dispersione di velocità elevata, probabilmente accelerate da esplosioni di supernove, outflows provenienti da protostelle o collisioni tra nubi stesse. Fino a che, per spiegare il moto di una di queste, alcuni anni fa, nessuno di questi oggetti poteva essere chiamato in causa. La spiegazione più plausibile era invece la presenza di un buco nero di massa intermedia, attorno alle centomila masse solari. Era il 2016, e da allora di queste nubi stiracchiate da buchi neri intermedi ne sono state identificate ben cinque nella stessa regione.
Sono tutti motori invisibili, che accelerano nubi simili a quella che vedete in questa immagine, ma non altrettanto isolate. La scoperta è importante perché una delle possibili spiegazioni riguardo la formazione dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie riguarda proprio i buchi neri di massa intermedia, che trovandosi vicino al centro si unirebbero dando vita e alimentando questi enormi e insaziabili oggetti.
Ma torniamo a Tadpole: è stata notata, per la peculiarità del suo gradiente di velocità dalla testa alla coda e per la configurazione assunta nello spazio, da un gruppo di astronomi giapponesi che stava studiando le nubi della zona molecolare centrale con il telescopio submillimetrico James Clerk Maxwell (Jcmt) alle Hawaii. A conferma della segnalazione, e per vederne meglio la cinematica, la stessa nube è stata poi riosservata anche con il telescopio Nobeyama Radio Observatory (Nro) di 45 m in Giappone.
Hanno trovato che Tadpole ruota attorno a un centro di gravità “puntiforme” circa centomila volte più massiccio del Sole. Secondo le simulazioni, questa massa deve essere concentrata in un raggio significativamente inferiore a 0.5 parsec (il pericentro dell’orbita della nube): tradotto, la massa che sta stiracchiando la nube dev’essere concentrata in un’area molto inferiore a 15mila miliardi di chilometri, un raggio entro cui potrebbe starci quasi di tutto. Un ammasso stellare sarebbe perfetto, ad esempio. Ma osservando la regione in altre lunghezze d’onda (infrarosse con Spitzer e dei raggi X con Chandra), non si vede nulla. L’assenza di una componente luminosa legittima dunque l’ipotesi di un oggetto che dalla luce rifugge, un buco nero di massa intermedia appunto. Che conferirebbe alla nube isolata questo gradiente di velocità così elevato: dalla testa alla coda, la velocità varia di circa 16 km/s ogni pc di distanza. Il moto attorno al buco nero è kepleriano e, secondo le conclusioni dei ricercatori, è plausibile che Tadpole sia stata intrappolata dal potenziale gravitazionale dell’enorme massa puntiforme, che ora la sta stirando con le sue forti forze di marea. Per confermarlo, il team ha in programma di utilizzare l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma) per cercare deboli segni di un buco nero, o di un altro oggetto, nel centro gravitazionale dell’orbita.
Fonte: Media INAF